Sostenibilità

L’UE sfida il fast fashion con dazi sulle importazioni low cost

Di Redazione - Amministratore Common Home

Nel bel mezzo del debutto in Borsa di Shein a Londra, l’Unione Europea ha lanciato un attacco significativo ai colossi del fast fashion come Shein, Temu e Aliexpress. La nuova strategia dell’UE prevede l’introduzione di dazi doganali più elevati sulle importazioni a basso costo. Questo potrebbe mettere a rischio il futuro di questi giganti del settore. Tuttavia, il Regno Unito si sta muovendo in direzione opposta, accogliendo Shein con entusiasmo e supporto.

L’Unione Europea ha deciso di eliminare la soglia di 150 euro per le importazioni duty free, ovvero quelle esenti da dazi. Questa misura significa che tutti i beni importati, anche se hanno un valore inferiore a 150 euro, saranno soggetti a dazi doganali. La motivazione dietro questa decisione è duplice: da un lato, l’UE vuole combattere l’impatto ambientale delle importazioni massicce di prodotti a basso costo, molti dei quali vengono trasportati per via aerea, e dall’altro, intende proteggere le aziende locali che lottano per competere con i prezzi stracciati delle grandi multinazionali del fast fashion.

Nel 2023, l’Europa ha importato ben 2,3 miliardi di articoli duty free, un numero che ha sollevato preoccupazioni. Questi beni a basso costo non solo impattano negativamente sull’ambiente, ma creano anche difficoltà per le piccole e medie imprese europee, che faticano a competere con i colossi del fast fashion, i quali possono offrire prezzi molto più competitivi grazie alla produzione su larga scala e ai costi di manodopera più bassi nei paesi in via di sviluppo.

Contrariamente alla mossa dell’Unione Europea, il Regno Unito si sta preparando ad accogliere Shein e simili con favore. Londra ha deciso di non introdurre restrizioni sui beni importati dal fast fashion e, anzi, sta offrendo supporto per il debutto in Borsa di Shein. Il governo laburista britannico ha promesso aiuti per l’avvio delle attività nel paese, favorendo un ambiente amichevole per le aziende di fast fashion.

Questo contrasto di politiche tra l’UE e il Regno Unito sottolinea un approccio diametralmente opposto. Mentre l’Unione Europea cerca di limitare l’invasione di prodotti a basso costo, il Regno Unito sembra voler capitalizzare l’opportunità economica offerta da questi colossi del settore.

Il dibattito sul fast fashion non si limita solo a questioni economiche. Le preoccupazioni ambientali e etiche sono altrettanto rilevanti. I bassi costi di spedizione dei capi di abbigliamento sono allettanti per i consumatori, ma nascondono spesso problemi gravi come lo sfruttamento lavorativo e l’inquinamento ambientale. La produzione di abbigliamento a basso costo spesso comporta condizioni di lavoro precarie e un forte impatto ecologico, con un uso intensivo di risorse e una produzione di rifiuti tessili massiccia.

Inoltre, la crescente inflazione spinge i consumatori verso l’acquisto di prodotti più economici, il che contribuisce ulteriormente alla domanda di fast fashion e intensifica i problemi ambientali e sociali associati.

Nonostante le nuove regolamentazioni dell’UE, il dirigente di Shein, Donald Tang, ha espresso un atteggiamento positivo verso le riforme proposte. Tang ha dichiarato che l’azienda è favorevole a una concorrenza leale a livello globale e che le agevolazioni fiscali sulle importazioni cinesi non sono considerate “fondamentali per il nostro successo”. Questo suggerisce che Shein potrebbe essere pronta ad adattarsi alle nuove regole, sebbene un aumento dei dazi doganali potrebbe comportare un incremento dei prezzi e una potenziale riduzione della competitività dei prezzi.

Il futuro del fast fashion in Europa dipenderà dalle decisioni del Parlamento europeo e dal comportamento dei consumatori. Se le nuove regolamentazioni entreranno in vigore, i prezzi dei capi di fast fashion potrebbero aumentare, influenzando il modello di business delle grandi aziende del settore.

In conclusione, la battaglia tra l’Unione Europea e il fast fashion è solo all’inizio. L’UE cerca di limitare l’impatto negativo di questo settore, mentre il Regno Unito si posiziona come un punto di riferimento favorevole per i colossi del fast fashion. Questa situazione complessa e in evoluzione determinerà il futuro di un settore che, sebbene abbia rivoluzionato il mondo dello shopping, solleva seri interrogativi etici e ambientali. Solo il tempo dirà se le nuove politiche riusciranno a frenare il dominio del fast fashion low cost o se, al contrario, i cambiamenti nel mercato e il supporto di alcuni governi garantiranno la sua sopravvivenza.

Articolo a cura di Davide Guacci