Innovazione

Intelligenza Artificiale (generativa): Google e Microsoft alla guerra dei chatbot

ChatGPT è la parola d’ordine del momento. Il servizio introdotto da OpenAI nel novembre dello scorso anno ha raggiunto milioni di utenti in pochi mesi. E anche Google ha rilasciato il suo chatbot, Bard. Si tratta di tecnologie con ancora molti limiti, ma quali saranno i suoi sviluppi futuri?

Di Fabio D'Onorio - Digital Marketing Manager

Di questi tempi, più o meno un anno fa, l’hype nel Digital era il metaverso. Nelle news e nelle conversazioni online il tema ha avuto un calo di popolarità oserei dire fisiolgico. Ora la buzzword di turno è AI, ovvero l’Intelligenza Artificiale: non passa giorno in cui non venga fuori una qualche notizia o commento legato al caso ChatGPT, ovvero il chatbot conversazionale presentato dall’organizzazione OpenAI e basato su un modello linguistico di grandi dimensioni nutrito dal machine learning e dai feedback degli sviluppatori.

Del resto qualche avvisaglia che il tema aveva un potenziale l’avevamo avuta già la scorsa estate: ricordate Blake Lemoine e LaMDA, ovvero l’ingegnere di Google che aveva denunciato che un’intelligenza artificiale a cui stavano lavorando era diventata senziente? Penso che nessuno abbia mai capito in quella vicenda cosa era vero e cosa romanzato.

Il caso di ChatGPT è chiaramente diverso. Stiamo parlando di un servizio lanciato nel novembre dello scorso anno e che, stando ai dati, in un paio di mesi avrebbe raggiunto i 100 milioni di utenti: un vero big bang insomma, la cui deflagrazione investe in pieno i giganti del Digital.

OpenAI sta testando in questi giorni negli States un modello a subscription (20 dollari/mese), che di fatto consente di accedere al servizio anche quando è over capacity (con quei numeri, succede spesso). Si fa presto a fare due conti, anche solo a spanne, sul potenziale di mercato di un simile giochino. Semplifichiamo al massimo e ipotizziamo una modestissima redemption dell’1%: fanno 20 milioni al mese così, senza andare troppo per il sottile.

Ma chiaramente dipenderà anche dalle mosse della concorrenza, un botto del genere non passa inosservato. Tecnologie di questo tipo, capaci non solo di generare testo ma anche immagini, video e altro, in realtà ce ne sono già molte in giro e da diversi anni. Se state pensando che Marketto non sia della partita, sbagliate: i primi investimenti di centinaia di milioni di dollari di Zuckerberg nell’intelligenza artificiale risalgono al 2013.

Semplicemente fino ad ora nessuno aveva sdoganato l’AI generativa conversazionale presso il grande pubblico, presentandola come facile da interrogare e rendendola capace di rispondere con sorprendente disinvoltura: un tipico “effetto wow”, ed è partito il loop virale.

Tra addetti ai lavori si è acceso un fervente dibattito sul fatto che ChatGPT cambierà per sempre la produzione di contenuti digitali, cioè il digital marketing. Vendite, copywriting, SEO sono i primi settori che vengono citati: questi chatbot intelligenti possono riassumere testi, scrivere copy e perfino generare idee. E in tempi anche rapidi verranno integrati in software che già utilizziamo largamente (Office, Adobe, Canva, ecc.).

Ma questo, che ci crediate o no (e ammesso che accada davvero), è ancora niente. Il vero risvolto, di rilievo e dimensioni industriali, riguarda i motori di ricerca, le modalità con cui vengono interrogati dagli utenti, la possibilità di una interazione molto più naturale con essi: in poche parole, il ricco mercato degli investimenti pubblicitari legati alle ricerche online.

E infatti il primo a mettere soldi veri sul piatto di OpenAI è stato Microsoft, nel tentativo di aprire delle crepe nel monopolio granitico esercitato da Google. I toni usati da Satya Nadella, il CEO-mago che dal 2014 ha letteralmente trasformato e rimesso in pista l’azienda fondata da Bill Gates, sono stati epocali e palingenetici. L’intelligenza artificiale permetterà agli utenti di dialogare in maniera naturale con il motore di ricerca Bing, e abiliterà un modo completamente nuovo di interagire con il web tramite il browser Edge.

A Mountain View, il quartier generale di Alphabet, devono essere suonati gli allarmi praticamente un attimo dopo (o forse già prima). Page e Brin, da tempo un pò defilati, hanno preso parte a un consiglio straordinario e a stretto giro ne è scaturita la contromossa. Google ha annunciato il rilascio di Bard, un chatbot alimentato dall’intelligenza artificiale e basato proprio sul modello linguistico LaMDA, precisando anche che però sarà utilizzato da un gruppo di tester prima di essere distribuito al grande pubblico.

Peccato che proprio nel video di presentazione della nuova tecnologia Bard sbagli grossolanamente una risposta, affermando che il telescopio spaziale James Webb sarebbe stato usato per scattare le prime foto nella storia di un pianeta situato fuori dal sistema solare (in realtà i primi esopianeti sono stati fotografati già 14 anni prima del lancio del James Webb). La notizie è sfuggita agli ingegneri di Google, ma non agli esperti di pianeti solari su Twitter. Risultato? La holding Alphabet, quotata in borsa, ha perso il 7% del suo valore, vale a dire circa 100 miliardi di dollari.

Fonte: Wired

Lo scivolone, chiamiamolo così, è indicativo in controluce soprattutto di una cosa: che la tecnologia di cui si sta tanto parlando ha ancora molti limiti e ci sono fondate cautele, per non dire proprio riserve, per una adoption a livello globale. L’accuratezza dei testi che produce, la correttezza delle informazioni, i bias presenti nei testi con cui viene nutrito il modello linguistico sottostante, i discorsi d’odio sono solo alcuni dei problemi noti, peraltro segnalati dagli stessi sviluppatori.

Nel mio piccolo, naturalmente mi sono divertito a parlare con ChatGPT e sottoporgli vari quesiti. Da quello che ho potuto vedere e provare, lo strumento risponde a task anche molto diversi con testi sorprendentemente corretti dal punto di vista formale e ben strutturati, ancorché piuttosto elementari. In altre parole, dove ci sono modelli di testo precodificati a cui far riferimento funziona alla grande, e non potrebbe/dovrebbe essere altrimenti: è il machine learning, bellezza!

Quello che non puoi chiedergli è di certo una nota di empatia o creatività personale, una pur minima cifra stilistica, e questo forse è destinato a fare sempre più la differenza. Le risposte – pur immediate e sorprendenti lo ripeto – sono un pò stereotipate o generiche a seconda di cosa gli si chiede.

E circa la correttezza delle cose che scrive? Tra le altre, ad esempio, gli ho rivolto un quesito piuttosto specifico. L’output mi ricorda un po’ le risposte che provavo ad arrangiare al liceo quando la proff interrogava e tu non avevi studiato tanto bene. Soprattutto, contiene imprecisioni e anche qualche inesattezza grave. Qui di seguito trovate lo screenshot della conversazione.

Fonte: Fabio D’Onorio… anzi no, ChatGPT

Tuttavia non mi sento di condannare per questo lo strumento, e non condivido le reazioni luddiste di alcuni. La tecnologia in senso generale ha pro e contro, questa (ancorché avanzata) davvero non fa eccezione. Può anche migliorare grazie al machine learning, se mi metto a correggerla probabilmente impara e la prossima volta mi restituisce info più soddisfacenti. Ma avrà sempre dei limiti di cui bisogna essere coscienti, tanto nelle premesse del sistema quanto negli output che ne derivano.

Se lo volete usare per scopi professionali sappiate che nella migliore delle ipotesi produce buoni testi di partenza su cui poi dover lavorare, o qualche spunto valido ma nulla di più. Difficile pensare che i testi un pò superficiali e prevedibili di ChatGPT possano essere preferiti a un buon testo elaborato da un buon professionista.

La mia previsione è la seguente. Se l’adoption sarà massiva, i testi tenderanno inevitabilmente a somigliarsi. La cosa è già evidente: ho chiesto a ChatGPT di generare una mail di presentazione commerciale, ed è molto simile a decine di email di questo tipo che in effetti già ricevo. Di positivo c’è che se ciò dovesse accadere, si avvertirà ancora più forte l’esigenza di migliorare il valore, l’originalità e la qualità di ciò che scriviamo, se vogliamo che abbia qualche probabilità di successo.

Questo per ciò che riguarda l’uso di questa nuova tecnologia in ambiti professionali. Ma il tema perfino più rilevante è: che fare nelle scuole? Non puoi far finta che non esista, o ignorarla: gli studenti la useranno comunque (anzi, la usano già). Perché non usarla invece a fini didattici?! A patto che sia accompagnata dalla dovuta educazione all’uso dello strumento, dalla conoscenza delle sue potenzialità e dei suoi limiti. Stiamo parlando di istruzione, in fin dei conti. Sarebbe molto pertinente.

I testi prodotti da ChatGPT potrebbero funzionare da supporto, da benchmark per migliorare le capacità di pensiero e scrittura degli studenti. Ad esempio, non so quanto nei licei si insegni ai ragazzi ad elaborare e comporre un testo argomentativo su un tema oggetto di controversia. Si tratta di una forma di testo in realtà molto semplice, già ampiamente codificata tra l’altro: si inizia con una intro, si espongono i due punti di vista, si conclude l’elaborato manifestando la propria personale opinione. Una struttura di testo tra le più semplici, in realtà; ma quanti sanno usarla bene?! Ecco, si potrebbe mostrare agli studenti cosa scriverebbe sul tema una AI, e il loro compito sarebbe quello di migliorarlo.

Di fatto la riflessione mi porta alla stessa conclusione che già feci qualche tempo fa, in un articolo in cui parlavo di Intelligenza Artificiale (non generativa in quel caso). In quella sede citavo l’educazione, la conoscenza e l’empatia come dote prettamente umana e umanistica, e in questi giorni mi sono imbattuto nella dichiarazione di uno dei protagonisti di questo circo dell’AI che usava proprio la stessa parola; ho scoperto anzi che ne ha fatto la chiave di volta del suo innovativo e vincente stile manageriale.

Dunque non posso non usarla per farne la chiosa conclusiva di questo articolo, assumerla come inconsapevole testimonianza di una celebrità del management a supporto di quello che penso in proposito di AI e più in generale di tecnologia.

“La tecnologia ha un ruolo cruciale nel migliorare la qualità della vita, ma le idee innovative hanno vita breve se non sono coltivate con l’empatia.”

cit. Satya Nadella