Si chiama loud quitting ed è la nuova tendenza nel mondo del lavoro: le dimissioni urlate che utilizzano i social media come cassa di risonanza per comunicare le proprie dimissioni.
Tra il 18% dei dipendenti che ammettono di licenziarsi ad alta voce (loud quitting) e il 59% che dichiara di licenziarsi silenziosamente (quiet quitting), la società di consulenza Gallup stima che il basso impegno dei dipendenti costi all’economia globale 8,8 trilioni di dollari e rappresenta il 9% del PIL mondiale.
Cos’è il loud quitting?
È l’evoluzione del Quiet quitting ed a volte riguarda chi, esasperato, dopo un periodo di quiet quitting o di “inattivismo controllato” esprime con rabbia e clamore il proprio malcontento. Non si tratta di una tendenza della Gen-Z o dei millennial. È un trend intergenerazionale ed in crescita esponenziale con la quale i dipendenti esprimono pubblicamente il loro malcontento verso il proprio lavoro o, ancor più, il loro datore di lavoro. Il loud quitting, secondo la definizione dello “State of the global workplace: 2023 report” di Gallup, società di consulenza che ha acceso i riflettori sul nuovo fenomeno, implica che i dipendenti attivamente disimpegnati intraprendano “azioni che danneggiano direttamente l’organizzazione, minando i suoi obiettivi e opponendosi ai suoi leader”.
Dal quiet quitting al loud quitting
Si tratta spesso di due facce della stessa medaglia: entrambe parte del fenomeno della Great Resignation, a volte possono rintracciarsi nel comportamento dello stesso dipendente, che da un atteggiamento di chi cerca l’invisibilità e disilluso fa il minimo necessario per mantenere il proprio posto di lavoro, d’un tratto decide di urlare il proprio malcontento, ed esternare la frustrazione accumulata danneggiando il proprio datore di lavoro e denunciando atteggiamenti che non riesce più ad accettare.
Quali le ragioni del loud quitting?
Perché esprimere il proprio disagio su TikTok o Instagram invece di chiedere un confronto con la direzione o con i responsabili delle risorse umane? La ragione più probabile è che questi dipendenti sanno – o credono – che non verrebbero ascoltati. Al contrario, smettere di lavorare in modo rumoroso, fa di loro, almeno nel breve periodo, le “star” dei social media, attrae consenso e allevia il senso di frustrazione.
Il rapporto Gallup
La società di consulenza ha intervistato più di 122.000 dipendenti in tutto il mondo, rilevando che quasi un dipendente su 5 lascia in modo “rumoroso”, a causa di una fiducia “tristemente infranta” nei confronti del proprio datore di lavoro. “Loud quitting – ha detto a Good Morning America Jim Harter di Gallup – è quando le persone non sono solo infelici al lavoro, ma sono risentite per il fatto che i loro bisogni non vengono soddisfatti e agiscono in base a quell’infelicità”.
Tra le ragioni che poi sfociano nel loud quitting ci sarebbero, tra l’altro:
i) senso di impotenza verso situazioni ritenute ingiuste, ii) ambiente di lavoro tossico, iii) mancanza di crescita professionale, iv) scarsa etica sul lavoro, v) discriminazioni, vii) assenza di leadership, viii) squilibrio nel work-life balance, ix) senso di inadeguatezza x) malessere generale/burnout.
Ci sono dei benefici nel loud quitting?
È una pratica che potrebbe sembrare catartica a breve termine, eppure la maggior parte degli esperti nelle relazioni di lavoro non la consiglia.
Condividere i cambiamenti della vita sui social media potrebbe sembrare naturale soprattutto per le giovani generazioni, ma è meglio rimanere professionali.
Il mondo del lavoro, soprattutto nei settori di nicchia, può essere piccolo, e la notizia di un’uscita rumorosa potrebbe essere un freno per un futuro datore di lavoro.
Cosa significa il loud quitting per le aziende
Le “dimissioni rumorose” sono un campanello d’allarme per i datori di lavoro affinché prestino attenzione alle preoccupazioni dei loro dipendenti.
Come i dipendenti dovrebbero tentare di esercitare l’autocontrollo ed evitare troppo clamore, il rapporto di Gallup sottolinea che se un’azienda sta raccogliendo molti loud quitters, questo è un indicatore del fatto che il posto di lavoro è tossico; inoltre, il comportamento di chi rinuncia rumorosamente danneggia il morale e la produttività anche di chi resta e può avere un impatto significativo sulla reputazione dell’azienda.
La leadership dovrebbe affrontare tali situazioni immediatamente, chiedendo feedback al personale e dando la priorità al benessere e alla salute mentale dei propri dipendenti, cercando di incoraggiare il dialogo e ripristinare la fiducia nel posto di lavoro.