Rigenerazione

Mjedra, storia di rigenerazione umana e di vita

A qualcuno arrivano i re, un tris d’assi, un poker. Qualcuno trova solo carte sbagliate. Così è successo a Mjedra e questa è la sua storia.

Di Stefania Roveglia - Content Creator and Corporate Storyteller

Ci si appella alla retorica spesso, pensando a ciò che la vita riserva come a una mano di carte distribuite senza intenzione, lasciando lavorare il caso. A qualcuno arrivano i re, un tris d’assi, un poker facile. Qualcuno invece riceve solo le carte sbagliate. E forse così è successo a Mjedra. Lei, a 7 anni, nella sua piccola esistenza felice, gira le carte e scopre che la vita non le ha riservato nessuna giocata vincente. Non allora, quantomeno. Mjedra oggi ha 24 anni, è una bella donna, caparbia, curiosa, con occhi allegri. Sua madre, Leonora, quando parla di lei e racconta la loro storia, scandisce più volte “Mjedra è mia figlia”, come se bastasse questo a spiegare tutto. E in effetti è così. Basta questo. Nel 2007, in Kosovo, con ancora l’eco di una guerra feroce sulla soglia di casa, Mjedra sta male. Leonora cerca una diagnosi e la trova senza troppa difficoltà in un ospedale a Pristina: leucemia. Ma in Kosovo non ci sono reparti oncologici preparati ad affrontare patologie di questo tipo. I medici sentenziano “Qui non possiamo fare niente per Mjedra”. Ma Leonora si ripete “Mjedra è mia figlia” e questo – ancora una volta – basta per non perdere la forza d’animo. Attraverso la Sanità Militare Italiana – attiva in Kosovo fino al ritiro del contingente italiano nel 2011 – e grazie a un progetto che l’Ospedale Gemelli di Roma aveva sviluppato per supportare l’Ospedale di Pristina, Leonora entra in contatto con l’Associazione Kim. Per lei, ma soprattutto per Mjedra, si riaccende una piccola luce. Sono tempi difficili quelli attraversati da madre e figlia dal momento in cui arrivano a Roma, alla Casa di Kim. Per Mjedra sono anni di ricoveri, esiti da aspettare con il respiro che affanna, capelli che cadono, farmaci che procurano dolori forti alle gambe, che tolgono l’appetito. Anni di preoccupazione, di notti insonni, di lontananza dalla famiglia, dalla propria vita per Leonora. Ma una cosa riesce ogni giorno ad allontanare le ombre: la cura, l’amore, il senso di accoglienza con cui Kim le circonda, facendole sentire comunque a casa, comunque in famiglia.

Sono passati più di 15 anni da quei tempi difficili. Mjedra, da quattro anni, studia Psicologia Clinica in Kosovo ed è attualmente impegnata in un dottorato che le sta facendo girare l’Europa. La sua storia ha contribuito alla creazione di un reparto di oncologia pediatrica nell’Ospedale di Pristina, quello stesso ospedale che non aveva potuto fare niente per lei quando le era stata diagnosticata la malattia. Mjedra e Leonora collaborano con il reparto, infondendo coraggio e speranza nelle famiglie che si trovano ad affrontare quello che loro hanno dovuto affrontare lontane da casa. “L’Associazione Kim non mi ha solo permesso di curare il mio corpo: l’amore con cui sono stata avvolta ha curato la mia anima, le mie paure, le lontananze” dice Mjedra, raccontando del senso di appartenenza che ha permeato quei giorni e che le ha indirizzato il passo, per portarla ad essere ciò che è oggi: qualcuno che aiuta gli altri, che cammina al loro fianco, che stringe mani e asciuga lacrime. Proprio come Kim ha fatto con lei. Oggi Mjedra gira le carte, non importano i re, gli assi, il caso che ha guidato la fortuna degli altri.

Mjedra ora guarda lontano, al futuro. Ha vinto lei.